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Pazzi: pericolosi o innocui?

Roberto De Vita e Hannu Lauerma parlano delle disfunzioni mentali e la loro cura all’Heureka

Pazzi: pericolosi o innocui?


 


Giovedì 30/01, alle ore 17, presso l’Auditorium Virtanen dell’Heureka Science Center, sarà possibile ascoltare due esperti che parleranno di psicosi e salute mentale.


Darà inizio all’evento il Direttore del carcere psichiatrico, docente e ricercatore di salute e welfare, Hannu Lauerma, che parlerà di psicosi: uno psicopatico è pericoloso?


“La schizofrenia fa aumentare da 6 a 10 volte le probabilità di commettere un omicidio nel corso della vita. Uno psicopatico può uccidere anche un estraneo, sebbene molto raramente (uno su 14,3 milioni di casi all’anno). Di questi, solo il 12% ha assunto almeno qualche medicinale antipsicotico. Per ridurre il rischio di un omicidio di 15 volte, viene utilizzato un trattamento medico appropriato, quindi, se il vostro vicino è seguito in un centro di riabilitazione, state pure tranquilli: potreste essere più pericolosi voi di lui”, dice Lauerma.


A seguire, un professore di giurisprudenza di Roma, Roberto de Vita, farà luce sulle questioni relative al trattamento delle malattie mentali, dalla prospettiva italiana, in una conferenza intitolata “TREAT OR THREAT? Closing Forensic Psychiatric Hospitals: the Italian near future”. L’Italia ha svolto un ruolo fondamentale nella modernizzazione delle cure per le malattie mentali, grazie alle novità radicali introdotte dallo psichiatra Franco Basaglia. Ecco una chiara presentazione da parte dell’erede “basagliano” della visione italiana del futuro della cura delle malattie mentali.


Hannu Lauerma presenterà in finnico e Roberto De Vita in inglese. Il dibattito sarà mediato Mikko Myllykoski.


La visita del professor Roberto De Vita è stata organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con il Comitato Dante Alighieri di Helsinki. L’ingresso è gratuito e l’auditorium dispone di 260 posti, mentre sarà possibile visitare le mostre dellHeureka con le regolari tariffe d’ingresso.


 


AbstractProf. Avv. Roberto De Vita, LL.M. (Cambridge)


 


Da sempre la malattia mentale è stata il punto non risolto tra tutela della salute e difesa della collettività.


Se infatti la cura del malato mentale rappresenta una conquista degli anni più recenti nei paesi ad elevato rispetto dei diritti umani, la difesa della collettività continua ad essere l’aspetto più controverso della questione.


Fino a qualche anno addietro il problema veniva risolto facendo prevalere, a seconda del contesto sociale e civile dei vari paesi, alle volte l’una alle volte l’altra esigenza.


Oggi la scelta non è più (o non dovrebbe essere più) tra “curare” o “proteggere” ma, senza conflitto, “curare e proteggere” al tempo stesso e la questione è tutt’altro che ideologica ma esclusivamente pratica.


Il carcere, anche quando assume le finte sembianze dell’ospedale psichiatrico, è la risposta sbagliata ad una premessa anch’essa sbagliata.


Il malato psichiatrico non può ricevere alcun tipo di effettiva cura né tantomeno di avviamento al reinserimento o al normoinserimento sociale in una struttura detentiva che ha come presupposto logico l’esclusione. Il malato mentale ha bisogno di essere sempre e comunque progressivamente aiutato verso l’inclusione, seppur con i potenziali limiti derivanti dalla gravità della propria patologia. Il carcere, anche quando psichiatrico, è luogo di esclusione.


L’Italia, sin dalla soppressione dei manicomi con la nota e rivoluzionaria legge che porta il nome di uno dei più famosi psichiatri contemporanei, il Prof. Basaglia, ha rifiutato per il malato di mente (che tra l’altro non avesse commesso reati), l’idea e la pratica della segregazione, accedendo invece ad un metodo di cura ed assistenza continuativi, anche in regime di ricovero, aperto e non chiuso verso la società.


Tuttavia, il limite più grande nei quasi trent’anni trascorsi dalla rivoluzione basagliana, si riscontra nell’effettiva capacità delle strutture psichiatriche territoriali, sotto il profilo delle risorse economiche necessarie, di poter garantire quel percorso di cura o, comunque, di mantenimento in stabilità del paziente.


Per i malati di mente che abbiano commesso dei reati o che rappresentino pericolo per la collettività, nonostante la  legge Basaglia, il modello è stato quello dell’internamento negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), luoghi alla conta dei fatti privi di diritto e di diritti, con segregazione in condizioni di abbandono dei malati, spesso sedati continuativamente se non ridotti in contenzione.


Con la Legge 17 Febbraio 2012, n. 9, l’Italia ha deciso la chiusura definitiva  degli OPG, via via rimandata nel tempo, che dovrebbe aver data (probabilmente non ultima) al 31.03.2014.


A fronte di tale chiusura la struttura centrale e quelle regionali dei servizi giudiziari e sanitari dovrebbero garantire il ricovero, prevalentemente aperto, in contesti che abbiano le caratteristiche della residenza collettiva assistita, con equipe di osservazione specializzate che possano valutare condizioni e condotte sia durante il ricovero che dopo di esso, saldando in uno il significato di cura e protezione.


Sfida ambiziosa quella dell’Italia che, come nei secoli ha sempre dimostrato, non è mai ultima in tema di salvaguardia dei diritti fondamentali, anche se la sostenibilità finanziaria di tale prossimo futuro e la capacità delle strutture di operare nel senso voluto rappresentano il più grande ostacolo.


Abstract


 


Psychoses and violence

 


Hannu Lauerma MD, PhD


Research Professor, National Institute for Health and Welfare


Medical Director, Psychiatric Hospital for Prisoners


 


 


In this presentation the most common forms of psychoses and basic concepts associated with their diagnostics are described. In Finland as well as in many other countries schizophrenia is associated with a 5-10-fold risk of homicide, but in Finland only 10% of those who commit a homicide are psychotic. The vast majority of homicides are committed by non-psychotic persons who suffer from antisocial personality disorder associated with substance use disorders like alcoholism. Furthermore, among homicidal psychotic persons 75% suffer also from substance use disorders, personality disorders preceding the onset of psychotic disorder, or both co-morbid conditions.


 


The homicide victims of psychotic persons are almost exclusively family members or persons cohabiting with the offender. A psychotic person kills a stranger once in 14.3 million persons per year, which means one case per two or three years in countries like Finland, where the annual rate of homicides is about 120. Only 12% of those psychotics who have killed a stranger have received antipsychotic medication. The risk of an untreated psychotic person to commit a homicide is 15-fold as compared with a psychotic patient who receives adequate antipsychotic medication and psychosocial care. Antipsychotic medications are very effective in preventing psychotic violence while anxiolytic benzodiazepines are strongly associated with an increased risk of violence when abused against instructions together with alcohol.


 


If there is a psychiatric hospital or an adequately managed open care unit for psychotic patients in your neighborhood you should remember the biblical words “Thou shalt not be afraid”. You might be more dangerous yourselves.


 



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